La curiosità è geniale
Il poco che so lo devo al mio professore, Albert Sorel. “Cosa vuol diventare?”, mi domandò. “Diplomatico.” “Ha una grossa fortuna?” “No.” “Può con qualche apparenza di legittimità aggiungere al suo cognome un nome celebre?” “No.” “E allora rinunci alla diplomazia.” “Ma allora cosa posso fare?” “Il curioso.” “Non è un mestiere.” “Non è ancora un mestiere. Viaggi, scriva, traduca, impari a vivere dovunque, e cominci subito. L’avvenire è dei curiosi di professione.
dal film Jules et Jim di Francois Truffaut
Questo dialogo è tratto dal film Jim et Jules di Francois Truffaut. Il mio viaggio sulla curiosità è partito proprio da questo dialogo.
Se dovessi scegliere un dipinto che secondo me esprima appieno il concetto di curiosità sicuramente sceglierei “Le bolle di sapone” di Jean-Baptiste Siméon Chardin. Un giovane affacciato alla finestra è intento in un gioco che conosciamo tutti: fare le bolle di sapone. Grazie ad una sottile cannuccia, realizza una bolla di tutto rispetto, simile ad una palla di vetro, mentre una piccola figura con un cappello piumato che dovrebbe forse farlo sembrare più alto, un bambino lo guarda ammirato allungando il collo.
Esattamente come quel fanciullo che osserva ammirato sono arrivata al libro “Curiosi” di Mario Livio. L’autore è un astrofisico israeliano, uno dei coordinatori storici del telescopio spaziale Hubble ed è autore di oltre quattrocento pubblicazioni che spaziano tra buchi neri, supernove, pianeti extrasolari e l’apparizione della vita nell’universo. La prima cosa che ho capito è che non esiste una sola curiosità, ne esistono ben 4 secondo lo psicologo inglese Daniel Berlyne.
Curiosità percettiva
La più immediata è la curiosità percettiva: vediamo una cosa mai vista prima e sentiamo il bisogno di capire cosa sia.
Curiosità specifica
Molto comune è la curiosità specifica: quella che riguarda un’informazione precisa. Avete presente quando diventiamo matti perché ci sfugge il titolo di una canzone o il nome di un attore?
Curiosità diversiva
Poi c’è la curiosità diversiva: è quella che sorge quando ci stiamo annoiando e cerchiamo un qualsiasi stimolo, ad esempio andando a vedere cosa dicono i nostri amici su Facebook.
Curiosità epistemica
Tutte queste forme di curiosità sono facili da soddisfare e durano poco. Molto più interessante e feconda è invece la curiosità epistemica: la curiosità per la conoscenza. Sta alla base della ricerca scientifica e anche dell’arte. È quella che Thomas Hobbes chiama “lussuria della mente”. È unica, perché ci può accompagnare piacevolmente per tutta la vita.
La curiosità specifica e la curiosità percettiva sono associate a una sensazione spiacevole. È come un prurito di cui ti vuoi liberare. E quando te ne liberi, sei sollevato da quel senso di fastidio. Solo quando hai soddisfatto quella curiosità, provi sollievo. Invece la curiosità epistemica è associata fin dall’inizio con l’anticipazione di una ricompensa/gratificazione. Lo conferma uno studio effettuato da neuroscienziati del California Institute of Technology nel 2009: le aree cerebrali più attive quando siamo altamente curiosi sono le stesse legate all’anticipazione di uno stimolo gratificante.
Gli scienziati ci avaveno visto gusto, quando siamo curiosi aumenta l’attività della corteccia insulare anteriore e della corteccia cingolata anteriore: aree cerebrali associate alla fame – quindi Hobbes, in un certo senso, ci aveva visto giusto – e alla risoluzione del conflitto tra le ambiguità. Quando invece soddisfiamo la curiosità, ad aumentare l’attività sono il nucleo caudato sinistro, il putamen e il nucleus accumbens: appartengono alla regione cerebrale associata con il piacere.
Essere curiosi è come essere affamati, e soddisfare la curiosità è come saziarsi.
Mario Livio
Daniel Berlyne ha pensato di rappresentare la curiosità come funzione della conoscenza. Immaginiamo un semplice diagramma cartesiano con la conoscenza sull’asse X e la curiosità sull’asse Y: il rapporto tra conoscenza e curiosità è una curva a U rovesciata. Quando sai pochissimo su un argomento, non sei molto curioso perché non sai nemmeno di cosa dovresti essere curioso. Se n’era accorto già Platone nel Menone, dove Menone chiede a Socrate: “Come puoi indagare su qualcosa che ignori? Quale delle cose che ignori proporresti come oggetto della tua indagine?”. Quando invece padroneggi un argomento, non sei più molto curioso perché pensi di sapere tutto quello che ti serve. Quando siamo veramente curiosi? Quando siamo in mezzo alla “curva” di Berlyne, ossia sappiamo già qualcosa su un argomento ma allo stesso tempo ci rendiamo conto anche che c’è molto altro da scoprire.
Mario Livio nel libro “Curiosi”, risponde a molte domande.
- Perché siamo più interessati a una conversazione al cellulare, di cui sentiamo solo una parte, che a una discussione tra due persone che possiamo ascoltare per intero?
- I bambini sono più curiosi degli adulti?
- Qual è l’origine dell’attrazione morbosa che spinge le persone a radunarsi sulla scena di un crimine o di un incidente automobilistico?
- Qual è lo scopo evolutivo della curiosità?
- In che modo la nostra mente sceglie dove indirizzare la propria curiosità?
Quello che emerge è che la curiosità è fondamentale per la creatività. È l’ingrediente necessario di tutte le forme d’arte, dai thriller ai film, alla pittura, alla musica. È il motore principale della scienza, e tuttavia la comunità scientifica non ha un’opinione condivisa su quali siano esattamente i meccanismi del nostro cervello che ne sono responsabili.
Mario Livio indaga sulla curiosità partendo da alcune delle più grandi menti di tutti i tempi come Leonardo da Vinci e Richard Feynman e intervistando una varietà di persone eccezionalmente curiose: da un astronauta laureato in statistica, medicina e letteratura fino a Brian May, ex chitarrista dei Queen, che è ritornato sui banchi dell’università per prendere un dottorato in astrofisica. Con un linguaggio chiaro e accessibile illustra le ultime scoperte delle neuroscienze sulla curiosità e le teorie più recenti che ne descrivono il funzionamento.
E il binomio tecnologia e curosità? La tecnologia limita la curiosità?
Siamo sempre più attacati a cellulari e computer, basta un semplice click per soddifare la maggior parte delle nostre curiosità. Questo non rischia di indebolire la nostra curiosità?
La penso come il grande informatico statunitense Mark Weiset:
“Siamo nell’era della tecnologia calma e dell’informazione diffusa”.
Mark Weiset
Siamo in un’era in cui la tecnologia è così radicata nello spazio che abitiamo , da poter finalmente “recedere sullo sfondo delle nostre vite”. Un elemento onnipresente ma discreto.
La curiosità è insita nell’uomo, alcuni la coltivano più di altri ed è questo che forse mi ha permesso di fare questo viaggio. Spero di avervi fatto venire voglia di leggere il libro di Livio e di coltivare la vostra curiosità.