Humans of New York
Siamo nel 2010 e Brandon Stanton ha ventisei anni. E’ stato licenziato da poche ore dall’azienda di brokeraggio per cui lavora. Brandon ha una grande passione, la fotografia. E deve essere piuttosto grande, perché ha appena deciso di lasciare Chicago per andare a New York e provare a coltivare il proprio sogno. Ha in mano i risparmi degli ultimi mesi di lavoro e sua madre non approva la sua decisione di lasciare Chicago. Brandon non si lascia scoraggiare o influenzare e parte alla conquista della Grande Mela, pur sapendo di rischiare molto. Brandon è un autodidatta e ha una discreta passione per il web e i social network. Le foto caricate sul suo profilo Facebook sono una spremuta di energia, i suoi soggetti preferiti sono i ritratti. Ama le persone, ma forse ama soprattutto le loro storie. Inizia così il suo viaggio. Il suo progetto è semplice e brillante allo stesso tempo: un censimento fotografico chiamato “Humans of New York”. Dare un volto a tutti gli esseri umani che colorano quotidianamente i cinque quartieri newyorkesi. Passano le prime settimane, e Brandon inizia a convertire i likes in stampe vendute, riesce insomma a mantenersi. Nasce il blog, su Tumblr, e spuntano i primi collaboratori. Non pagati. I sogni si addormentano sul destino ma si reggono sulla costanza e Brandon è stato molto costante perchè il suo Humans of New York è diventato un fenomeno virale. Quella che era una raccolta di immagini è diventato un racconto collettivo, infatti accanto ad ogni ritratto Brandon inserisce una breve didascalia. Una frase. Un ricordo. Le sue fotografie sono diventate storie. Quando tutto sembra perduto si accende una strana luce nei creativi, la voglia di farcela comunque, contro tutto e tutti. Il Times lo ha inserito tra i giovani che cambieranno il mondo. Brandon regala questo consiglio ai giovani licenziati di tutto il mondo: “Se siete stati licenziati, mettetevi a lavorare. Fate qualsiasi cosa, ma fatela!”.