Fabrica Circus, luogo dell’imaginazione
Lo scorso 26 gennaio Luciano Benetton, Oliviero Toscani hanno presenteranno al pubblico il nuovo corso di Fabrica in un maxi evento a ingresso libero. Qui potete vedere alcune immagini dell’evento.
Fabrica, a Treviso, si trasforma in un’arena aperta a tutti dove celebrare l’immaginazione.
Un luogo di riferimento culturale dove confrontarsi con maestri nazionali e internazionali, una bottega dell’arte rinascimentale che stimola il confronto e suscita domande, e che mette al centro l’arte del fare.
“Si chiamerà Fabrica Circus, 7/7×24, sette giorni su sette per 24 ore, con almeno 300 workshop, sarà un ipermercato della cultura. Avete presente il Cabaret Voltaire dove hanno inventato il Dadaismo? O la Factory di Warhol? Ho sempre avuto voglia di guardare ciò che è alternativo.. Nella differenza esiste il futuro. Fabrica sarà come un grande bar, una grande balera, uno stadio, un ristorante, verrà chi parlerà di contemporaneità: dalla filosofia a “come si fa a mendicare”.
Cultura umanistica, comunicazione, food, cinema, arte, poesia, giornalismo, design, spiritualità, natura, musica, politica, economia, neuroscienze, psicologia, scrittura, teatro, Fabrica Circus 24/7×52 offrirà nel corso dell’anno un’ampia scelta di appuntamenti, tra cui quattro festival stagionali multidisciplinari (il primo sarà il 23-24-25 marzo) e un ciclo continuo di conferenze, performance, ‘confessioni’, workshop, concerti, mostre dove sperimentare la comunicazione moderna.
Tra i primi nomi il calligrafo Luca Barcellona, il regista Andrea Segre, il musicista Michael Nyman, l’illustratrice Olimpia Zagnoli, la designer Patricia Urquiola e l’astronauta Samantha Cristoforetti.
Lo trovo un progetto interessante che dovrebbe e potrebbe essere replicato in ogni città. Un luogo per immaginare e per aggiornarsi manca. Molto interessanti anche le parole di Toscani durante una delle ultime interviste rilasciate.
Vi racconto gli spunti interessanti che ho trovato nelle sue parole. Anzi vi riporto esattamente le sue parole comparse su una intervista comparsa sulla rivista Elle.
Non fate i bravi
Tutte le buone rivoluzioni iniziano nella bella stagione
I fiori appartengono a tutti, proprio come i colori
Io e Luciano Benetton siamo per la descolarizzazzione, siamo proprio un po’ analfabeti, impariamo mentre facciamo le cose
Il 2000 è l’anno in cui ho lasciato Fabrica, ho fatto altro, avevo bisogno di sperimentare e ho lavorato a New York con Tina Brown
Iniziando a lavorare per il catalogo primavera-estate ci siamo resi conto che era inutile partire da una campagna istituzionale, cominciamo da febbraio con una campagna sul prodotto, con quello che c’è in negozio. Dobbiamo riportare la gente nei negozi Benetton. Per fare grandi cosa non bisogna avere “carta bianca”, ma carta nerissima.: dalle situazioni complicate arrivano le grandi cose. Lo spirito delle immagini però è quello che dovrà avere il prodotto del nuovo corso, quello che ancora non c’è nei negozi.
La società è una razza sola, non ci sono stranieri, forestieri. Gli inglesi addirittura utilizzano la parola “alien”.
Questa foto è per ribadire il nuovo corso. Si tratta di una contestazione , la società la strada sono già così, come questi scolari del Giambellino: parlano tutti italiano con l’accento padano. dappertutto la gente è più avanti della politica. Ogni individuo fa politica.
Bisogna difendere i maestri e i fotografi dai genitori dei bambini: sono terribili. le mamme, specie italiane, urlano sempre….Ecco perchè i bambini non le ascoltano più.
L’origine del marchio Benetton…avevamo vinto il premio della pubblicità Unesco con lo slogan: “Tutti i colori del mondo”. Un funzionario dell’Unesco viene a trovarci in studio a Parigi, mentre lavoravo con una trentina di bambini di tutte le nazionalità, ed esclama: “Ah, united colors of Benetton. Ho preso il telefono: “Luciano, abbiamo il nome!”. Non ho idee, guardo quel che succede.
Ci sono due possibilità nella comunicazione di una azienda: o far vedere quello che di fa o quello che si è. L’una dovrebbe rispecchiare l’altra, in Benetton bene o male è così. Tutti si ricordano le nostre immagini di 30 anni fa. Vuol dire che c’è un significato che trascende il consumo, solo così si può rimettere a post l’economia. Il problema è consumare meglio, più di qualità, meno commerciale. siamo un’azienda grande, che ha a che fare con la società. Bisogna capire l’appartenenza, la nostra.
in realtà tutti siamo insegnanti. io ho imparato di più al bar, al biliardino, facendo l’autostop per Prigi da ragazzo, volevano sapere chi fossi e mi raccontavano le loro vite, i loro problemi…Al liceo Vittorio Veneto, a Milano, eravamo una classe unica di 300 “bigiatori” che si ritrovavano al cinema, la mattina alle 8.30, a vedere a rivedere lo stesso film: tutto Godart, tutto il neorealismo francese, questa è scuola.
Non ho mai sentito Luciano dirmi cosa dovevo fare, e soprattutto “come”. Né io dirò mai al mio enologo come deve fare il mio vino: gli ho solo detto che non mi piacciono i vini pesanti, da funerale, voglio vini leggeri, da battesimo. E lui si è entusiasmato.
Cos’è la bellezza? Nei giornali di moda , nelle campagne è noiosa. Gli stupidi vedono il bello solo nelle cose belle: di che bellezza parliamo? Da 10 anni sviluppo il progetto la razza umana: fotografo la gente dovunque nel mondo, finora 70 mila persone, non ce n’è una brutta. Anzi più una persona ha poco, più ti guarda con purezza.
Non uso le nuove piattaforme digitali. Le uso solo per veicolare un messaggio. Il cuore e lo spirito si evolvono anche in rapporto alle tecnologie disponibili. ogni anno tengo un paio di lezioni al MIT di Boston, ci vado per capire che aria tira: vicino ai giovani anche uno smartphone è archeologia. Hanno visioni che non vengono dalla tecnologia, ma dalla poesia che hanno dentro.