La pelle attraverso
Ritengo che nessun viaggio sia casuale, e questo di sicuro non lo è stato. Ho trascorso alcuni giorni nella città di Perugia e ho avuto modo di visitare la mostra di Alessandro Papetti: “La pelle attraverso”. Amo l’arte da sempre e appena posso vado a vedere mostre, manifestazioni, musei, gallerie….questo per farvi capire che spesso mi sono trovata immersa nel mondo degli artisti più disparati. Eppure mai nessuna opera mi aveva scosso emotivamente o almeno non come “Indaco” di Papetti.
Ma andiamo con ordine…
Presso il Centro di Cultura Contemporanea, Luca Beatrice ha curato la personale dal titolo “La pelle attraverso” di Alessandro Papetti. La mostra propone una quarantina di opere, tra carte e dipinti ma più che una mostra d’arte sembra un allestimento scenografico, una scatola magica che gode di luce propria, dove si entra e ci si ritrova a vivere in un’altra dimensione, in un altro mondo ricco di suggestioni, parallelo, conturbante, capace di togliere il fiato. Le opere ritraggono corpi umani, colti sia nei toni caldi della terra, sia in quelli lunari dei bagni notturni.
Mi sono letteralmente persa tra quei disegni, che sono il prodotto di strane alchimie date dal fatto che l’artista usa tutti i colori della tavolozza e che invece appaiono come per incanto solo nel loro rigore monocromatico. Passeggiando tra le opere mi sono venuti in mente alcuni versi del poeta Giovanni Pascoli: “Il sogno è l’infinita ombra del vero”.
Il mondo che ricrea Papetti è sognante e infinitamente vero al tempo stesso. Molto interessante è la video intervista realizzata da Francesco Papetti all’artista. La pelle è precipizio e punto di contatto, attraverso la pelle sentiamo, ci emozioniamo, proviamo dolore e piacere. La pelle è l’altrove. Questo mezzo straordinario di cui siamo dotati è però estremamente fragile, come la carta sui quali sono dipinti i corpi di Papetti. L’artista racconta del suo viaggio in Grecia, del suo osservare i corpi di uomini e donne sulla spiaggia, della voglia di esplorare la sua parte “liquida”. Lui li chiama “corpi antichi”, possenti che nonostante l’età portano a spasso quella “pelle” con infinita dignità. Dignità che un giovane non avrebbe mai.
I quadri di Papetti vogliono cogliere un’atmosfera, cercano di costruire un rapporto che non sia soltanto sfuggevole, vogliono fermare il tempo. le sue pennellate salgono dal basso verso l’alto e puntano al cielo. L’artista scruta fra le cose smascherandole, aprendo le porte della percezione per scovare il senso che oltrepassa l’immagine.
Poi d’improvviso scende la notte stellata grazie ai pigmenti dei suoi blu deliranti e arrivi in una stanza in cui si trova: “Indaco”. Questa è l’opera che non lascia indifferenti che ti scuote dentro. D’improvviso ti trovi completamente avvolta dal mondo dell’artista se non altro perchè la tela riveste l’intero perimetro dell’area in cui è esposta. Mi sono trovata a provare contemporaneamente pace, inquietudine, stupore, tormento. In qualche modo è come se il pittore avesse messo su tela quello che ho dentro. Ero totalmente rapita da quei toni di blu profondo, da quelle pennellate a da quei corpi che emergevano nell’ombra. Colpisce questo grande quadro attraversato da uno squarcio di luce, capace di spaccare in due la superficie. Se potessi realizzare un sogno vorrei che “Indaco” diventasse il mio pensatoio…un luogo nel quale creare e provare tutto contemporaneamente. Ancora le sensazioni provate non mi abbandonano e credo che conserverò per sempre questo ricordo.
Se passate da Perugia andate a perdervi nei mondi di Papetti proprio come ho fatto io.